Ca' Pesaro

  • DAVID HOCKNEY
    82 ritratti e 1 natura morta

    Ca’ Pesaro
    Galleria Internazionale d’Arte Moderna
    24 Giugno – 22 Ottobre 2017

Ca' Pesaro

DAVID HOCKNEY. 82 ritratti e 1 natura morta

Orario 10 – 18
ultimo ingresso ore 17

Chiuso il lunedì

Genesi del progetto

24 Giugno – 22 Ottobre 2017
Venezia, Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna

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L’esplorazione della figura umana è per David Hockney un soggetto dall’inesauribile fascinazione, la cui investigazione ha assunto varie forme, attraversando la superficie dell’apparenza e scandagliando le profondità psicologiche, personali e identitarie che costituiscono l’uomo.Il 2013 è un anno intenso per l’artista: la mostra A Bigger Picture, organizzata alla Royal Academy of Arts di Londra, ed incentrata sulla ricerca condotta negli ultimi anni sulla raffigurazione del paesaggio natio dello Yorkshire, giunge a conclusione.

Nell’estate del 2013 un tragico incidente scuote l’accorato gruppo di collaboratori e amici, gettando Hockney in un periodo di inattività, condizione rara per un artista prolifico nei più diversi media.

Al suo rientro a Los Angeles, dopo quasi dieci anni trascorsi in Gran Bretagna – il soggiorno più lungo nel Paese natale dagli anni Settanta – Hockney si dedica nuovamente al ritratto dipingendo Jean-Pierre Gonçalves de Lima (J-P Gonçalves de Lima, 11th, 12th, 13th July 2013), suo assistente e stretto collaboratore negli anni di lavoro a Bridlington. sedute giornaliere. Alcuni personaggi di spicco, come il gallerista Larry Gagosian e il filantropo Jacob Rothschild, per questioni di tempo e disponibilità posano meno.

Alcuni si presentano all’appuntamento in abiti eleganti con gonne di seta, kimono e camicie riccamente decorati, completi scuri e cravatte; altri invece ostentano con voluta noncuranza magliette sportive e pantaloncini corti. Siedono protesi in avanti per avvicinarsi all’ospite, oppure si stagliano compunti, intenti a offrire l’immagine migliore di sé.

Alcuni sembrano sulla difensiva, ritraendosi impercettibilmente quasi a porre delle distanze; altri, in un diverso linguaggio del corpo, esprimono l’empatico legame instauratosi tra il pittore e il modello. Le espressioni dei volti sono mutevoli: distese e benevole, irrequiete o dubbiose, concentrate e serie. Le mani sono raffigurate adagiate sul grembo, a sostenere la testa, frementi sui braccioli della sedia. Infine le scarpe, espressione delle singole personalità secondo l’artista, lucenti ed eleganti, comode o da lavoro, col tacco alto, esteticamente belle o brutte.
La sessione di posa inizia di buon mattino: il modello sale sulla pedana e si accomoda sulla sedia, invitato dall’artista ad assumere una posizione confortevole, poiché dovrà mantenerla immutata per tutte le sedute. Hockney fornisce solo qualche indicazione per evitare la ripetizione di una disposizione precedentemente assunta da un altro ritrattato. Appena il soggetto si accomoda, gli assistenti segnano sul piano l’impronta dei piedi, espediente assimilato dall’amico Lucian Freud, per il quale l’artista posò nel 2002.

Con sicurezza e velocità Hockney traccia a carboncino i tratti che definiscono la figura: partendo dal volto e dalle mani, elementi fondamentali del ritratto e punti focali su cui si concentra l’attenzione dell’osservatore, delinea con sintetiche linee l’intera composizione.
Hockney conosce da tempo la maggior parte delle persone, le ha già ritratte in altre occasioni, e cerca di catturare il più velocemente possibile la loro posa, poiché non si accomoderanno più nello stesso identico modo.

Concluso lo schizzo generale applica sulla tela il colore acrilico, medium che si asciuga in fretta e permette una rapida esecuzione, definendo i volumi del volto, accennando la struttura del corpo e abbozzando lo sfondo.La stesura del colore si protrae nei tre giorni di sessione, raffrontata ad una continua osservazione del soggetto, per sette ore di posa al giorno, intervallate da una pausa pranzo.

Lavorando con ordine e metodo, Hockney osserva uno schema preciso, dipinge ogni elemento, confronta ogni sfumatura, angolo e dettaglio, studia intensamente i lineamenti del viso, l’acconciatura e l’abbigliamento. Non è soltanto rigoroso nella resa del soggetto, ma altrettanto attento al confronto con i ritratti precedenti, avendo in mente una serie composta da singole opere costituenti un insieme.

Lavora in silenzio, in assoluta concentrazione, assorto completamente nel suo lavoro. Affascinato dalle individualità che emergono da questa procedura, nota come i diversi soggetti durante le ore di posa inizino a vagare con la mente, rincorrendo i loro pensieri non essendo abituati a stare seduti per sei ore consecutive senza poter fare niente. Nel caso del critico Martin Gayford deve “richiamarlo all’ordine”.

Hockney non persegue la verosimiglianza o il compiacimento dei suoi modelli, le loro fattezze non vengono abbellite o trasformate per nascondere un difetto. L’amico Bing McGilvray, osservando la sua effige, esclama: «Sembro un rappresentante di frigoriferi».

Insieme catalogo visivo e aide-memoire, l’assistente J-P documenta tutte le fasi del procedimento, permettendo all’artista di visionare il lavoro fatto in una giornata e studiare le successive fasi da attuare. L’immagine del dipinto, caricata sull’iPad, viene analizzata e modificata, fungendo da test preparatorio al lavoro diretto sulla tela.

«Al termine di una giornata devi guardare il dipinto per vedere quello che hai realizzato e quello che devi ancora fare […] Pertanto i tre giorni di posa sono in realtà giorni di ventiquattro ore lavorative per me».

In un’epoca contemporanea in cui il consumo visivo di immagini scorre a ritmi incessanti, David Hockney rivista il genere pittorico del ritratto, ricercando attraverso una serrata osservazione l’essenza delle persone. «Penso che più conosco e rispetto le persone, più interessante sarà il risultato». Catalogo della mostra edito da Skira.