Le trentaquattro opere in mostra, centrate su soggetti parigini, ben illustrano alcune caratteristiche peculiari del linguaggio di Chahine. Nelle prime prove è geniale evocatore di periferie, emarginazione, venditori ambulanti, circhi di strada ; così ottiene i primi riconoscimenti che lo introducono nel bel mondo parigino di cui presto diventerà il disegnatore formidabile e conteso. Nel mutare dei soggetti, permangono intatti l’acutissimo spirito d’osservazione, la sbalorditiva sapienza di segno, la capacità d’introspezione psicologica: denominatore comune è dunque l’occhio dell’artista, in cui qualunque scena può convergere, esser trattata ed empaticamente restituita, attraverso quel suo segno duttile, che si adatta all’espressione e domina tutte le tecniche dell’incisione – dall’acquaforte alla puntasecca, dall’acquatinta alla ceramolle – alternate o insieme, per ottenere neri vellutati o tratteggi sottili, gamme dei grigi o contrasti di chiaroscuro.
Ecco allora la vaporosa leggerezza della danzatrice di can can o le giovani donne all’ultima moda, in abiti eleganti o in primi piani, o al caffè o all’opera, ecco certi scorci di vie parigine, ecco i ritratti degli amici, il pittore (Alfred Stevens), l’attore (W. Lérand) lo scrittore e sodale nell’impegno civile (Anatole France).
Alle grafiche di Chahine sono accostate in mostra, per assonanza di temi e soggetti, due coeve sculture rispettivamente del russo Paul Troubetzkoy (Intra 1866 – Suna 1938) e dell’inglese George James Frampton (Londra 1860 – 1928).