Raffaele Boschini nasce il 22 luglio 1893 a Venezia, da Romualdo, xilografo e zincografo. Dopo aver affrontato il corso preparatorio per l’accesso all’Accademia di Belle Arti veneziana, inizia la sua formazione artistica frequentando i corsi comuni e quello speciale di Vedute di paese e di mare. Dal 1911 al 1912 è iscritto alla Scuola di nudo e segue il corso di architettura che gli permetterà di ottenere nel 1914 la licenza di Professore di Disegno Architettonico. Nel frattempo aveva cominciato a frequentare gli studi di Palazzo Pesaro ospite del pittore Gian Luciano Soriani.
L’aspirazione a far parte delle collettive della Bevilacqua La Masa si fa forte; un primo tentativo è del 1911. Nel 1915 espone, in una delle sale del Bianco e Nero della Terza mostra della Secessione di Roma. Nel 1917 si affaccia sulla scena artistica milanese in occasione dell’Esposizione delle Tre Venezie. Sono di questi anni i primi soggiorni a Milano, città in cui deciderà di stabilirsi in pianta stabile con la famiglia nel maggio del 1921. Gli inizi milanesi sono contrassegnati da numerose opere grafiche centrate su un’ironica satira della società e sull’ambiente del primo dopoguerra, smascherato anche nei suoi aspetti d’ipocrisia e perbenismo. Partecipa all’Esposizione Nazionale di Belle Arti della regia Accademia di Brera del 1918.
Attorno al 1928 fonda lo Studio d’Arte Boschini, con cui inaugura un’intensa attività nel campo dell’illustrazione., realizzando tra le altre la campagna pubblicitaria per la Campari nel 1929. Pur lavorando per la grafica pubblicitaria e per l’illustrazione in genere, continua in realtà a coltivare la sua vena di artista e viene allora l’infatuazione per l’avanguardia. Nel 1933 prende parte alla Mostra Nazionale di Arte Futurista al Palazzo Ducale di Mantova. Tuttavia la stagione futurista di Boschini si esaurisce ben presto e l’artista torna a lavorare su ritratti risolti con carezzature della luce e con una resa spontanea delle figure; ritrova anche il gusto per le vedute dove le sfumature di luce, gli scorci prospettici, le morbidezze tonali restituiscono atmosfere smorzate e malinconiche.
I dipinti degli anni ’40 e ’50 sono spesso ritorni, ripercorrimenti, insistite analisi. Le opere degli ultimi anni ci restituiscono anche una pensosa meditazione artistica, scevra da polemiche, silenziosa, raccolta a rimeditare il proprio pensiero; e allora i soggetti sono i ritratti o le scene di gruppo per lo più statiche, risolti con il gusto per gli interni avvolti nella penombra, in qualche caso memori, parrebbe, delle opere di Alessandro Pomi, l’amico di Ca’ Pesaro magari reincontrato in una qualche occasione espositiva milanese, e della sua pittura nostalgica, un po’ malinconica, sottilmente romantica.
Raffaele Boschini muore a Milano nel 1960.