È passato circa un secolo da quando Miroslav Kraljević, considerato il primo pittore croato del modernismo, nell’arco di soli due anni dipinse il suo primo e il suo ultimo capolavoro.
Si tratta di Autoritratto con cane, a Monaco di Baviera, nel 1910, alla fine della sua formazione accademica – subito accolto con grande favore dalla critica – e Autoritratto, a Zagabria, nel 1912, sei mesi prima di morire.
Poco più di settant’anni fa le sue opere venivano esposte per la prima volta a Venezia: era il 1942 e l’allora commissario del padiglione croato ai Giardini, lo scultore Ivan Meštrović, includeva cinque suoi dipinti a olio in occasione della XXIII Biennale d’Arte di Venezia, tra cui il già citato Autoritratto con cane e Bonvivant (1912). Questo avvenimento tuttavia è oggi poco ricordato, nonostante Kraljević si collochi tra quei particolari modernisti, dalle spiccate qualità pittoriche, che si spinsero al di fuori dei confini della terra natia.
Risulta infatti decisivo per il pittore il soggiorno parigino avvenuto a cavallo tra il 1911 e il 1912 quando, in soli tredici mesi, si svolse probabilmente una delle trasformazioni più complesse dell’arte croata di quell’epoca: un mutamento che getterà le basi per i passi in avanti succedutisi immediatamente subito la sua morte e riscontrabili soprattutto nelle opere dei pittori che segneranno il secondo e gli inizi del terzo decennio del Novecento.
Lasciata la città di Požega, attraverso Vienna e Monaco di Baviera, Kraljevićarriva a Parigi, dove sperimenta l’attrattiva del flaneurismo e si appropria dei valori dell’arte pittorica pura. Un nuovo stato d’animo con inediti potenziali contenutistici e formali, nonché la vita scapigliata e briosa della scena artistica della capitale francese del primo decennio del XX secolo, gli offrono una fonte inesauribile di temi, fornendogli le basi per una nuova sensibilità espressiva e facendogli scoprire il fascino di una vita senza freni.
Accanto ai migliori autoritratti realizzati dall’artista, la mostra affianca di questo periodo anche alcune altre fondamentali composizioni – come Vive la joie, In una caffetteria di Parigi e Golgota – che contribuirono a proiettarlo al centro della scena artistica europea.
Miroslav Kraljević si spegne nell’aprile del 1913 a Zagabria a soli 27 anni, minato dagli effetti della lunga malattia, lasciando un’opera che oggi, a più di un secolo di distanza, si presenta ancora perfettamente attuale e carica di un ineguagliabile tratto distintivo e forza interpretativa.