David Hockney nasce a Bradford, cittadina industriale del nord Inghilterra, nel 1937. Dopo aver frequentato la Bradford School of Art, nel 1959 si trasferisce a Londra per iscriversi al Royal College of Art (1959-1962).
Artisti inglesi ed europei, tra i quali domina la figura di Pablo Picasso, fungono da riferimenti visivi per il giovane Hockney: William Coldstream ed Alan Davie, Francis Bacon e Peter Blake, Jean Dubuffet ispirano diversi motivi e composizioni, elaborati in lavori altamente sperimentali, in cui l’analisi delle convenzioni pittoriche e della resa dello spazio si associa all’espressione dell’identità. Sfumando abilmente la distinzione tra rappresentazioni astratte e figurative, Hockney affida alle sue prime opere la manifestazione delle proprie pulsioni, sottolineata da codici crittati e forme allusive, in un periodo in cui l’omosessualità in Inghilterra era considerata illegale.
L’interesse di Hockney per la raffigurazione dello spazio si associa all’analisi delle relazioni e interazioni tra individui. Le rappresentazioni naif della figura umana convergono, nel 1963, verso una raffigurazione più convenzionale del corpo, ispirata alle fotografie tratte dal magazine americano Physique Pictorial. Dipinti come Domestic Scene, Notting Hill (1963) e Domestic Scene, Los Angeles (1963) costituiscono scene di
interni in cui l’artista ricerca la resa dei rapporti relazionali. Nel febbraio 1964 viaggia negli Stati Uniti, scoprendo la California del Sud. Los Angeles gli si presenta come una terra promessa, luogo di libertà e continua ispirazione visiva prima solo esperita attraverso le immagini e i resoconti dei magazine.
La luce abbagliante, le architetture moderniste, il riverbero sulla mobile superficie delle piscine colpiscono l’immaginazione dell’artista. Il soggiorno losangeliano, che dal 1978 diverrà residenza stabile, provoca una trasformazione nell’arte di Hockney: colori acrilici brillanti vengono stesi in ampie campiture, a costituire composizioni attentamente elaborate avendo come continuo riferimento l’osservazione e l’ausilio di fotografie.
Nel febbraio 1964 viaggia negli Stati Uniti, scoprendo la California del Sud. Los Angeles gli si presenta come una terra promessa, luogo di libertà e continua ispirazione visiva prima solo esperita attraverso le immagini e i resoconti dei magazine. La luce abbagliante, le architetture moderniste, il riverbero sulla mobile superficie delle piscine colpiscono l’immaginazione dell’artista. Il soggiorno losangeliano, che dal 1978 diverrà residenza stabile, provoca una trasformazione nell’arte di Hockney: colori acrilici brillanti vengono stesi in ampie campiture, a costituire composizioni attentamente elaborate avendo come continuo riferimento l’osservazione e l’ausilio di fotografie.
Le opere della seconda metà degli anni Sessanta – Peter Getting out of Nick’s Pool (1966), A Bigger Splash (1967) – definiscono un punto d’incontro tra il figurativo e un minimalismo giocato su geometrie e blocchi di colore. La prima retrospettiva organizzata alla Whitechapel Art Gallery di Londra, David Hockney: Paintings, Prints and Drawings 1960-1970, disvela la progressiva ascesa del linguaggio di Hockney verso una raffigurazione realistica di luce, ombra e figura umana, definendo quelli che saranno riconosciuti tra gli estimatori quali caratteri peculiari della sua produzione. Dal 1968 coppie e amici sono ritratti all’interno delle loro case, abbinando pose e interni informali alla grandezza della ritrattistica tradizionale.
La composizione, governata da una prospettiva centrale, pone l’osservatore al vertice di un’ideale piramide, assegnandoli il posto precedentemente occupato dell’artista, con il quale s’immedesima. Un complesso gioco di sguardi lega tra loro Christopher Isherwood e Don Bachardy (1968), Celia Birtwell e Ossie Clark (Mr and Mrs Clark and Percy, 1970-71), caricando la superficie dei dipinti di emozioni a stento trattenute. Scoraggiato dalla “trappola del naturalismo” e dai problemi incontrati nel combinare tra loro, utilizzando l’acrilico, figura, luce e composizione, Hockney abbandona i doppi ritratti, lasciando incompiuto il dipinto raffigurante George Lawson e Wayme Sleep (1972-75).
Viaggia in Giappone e soggiorna a Parigi, dedicandosi alla natura morta e riscoprendo la pittura ad olio, tecnica con la quale realizza My Parents (1977), intenso ritratto dei genitori Kenneth e Laura Hockney, e Looking at Pictures on a Screen (1978), in cui il curatore del Metropolitan Museum of Art e amico, Henry Geldzahler, osserva attento riproduzioni d’opere d’arte conservate presso
la National Gallery di Londra.
Dal 1974 Hockney si dedica alla scenografia teatrale realizzando l’allestimento dell’opera lirica di Igor Stravinskij, La carriera di un libertino,in scena al Glyndebourne Festival Opera, la prima commissione legata al teatro che gli permetterà di liberare la sua pittura nella tridimensionalità, creando uno spazio che potesse essere esperito dal pubblico.
Negli anni Ottanta, dopo la serie di paesaggi del Gran Canyon contraddistinti da una superficie costituita da molteplici pattern e forme pittoriche, Hockney abbandona temporaneamente la pittura per dedicarsi alla fotografia, dando vita a più di quattrocento collage fotografici. Sin dal 1967 la macchina fotografica era stata un importante supporto visivo per l’artista, registrando una composizione, suggerendo un effetto luminoso, rimanendo, a suo dire, uno strumento non oggettivo, fornendo una visione parziale del mondo limitata ad un millesimo di secondo.
Ispirato dalla retrospettiva di Pablo Picasso, presentata al Metropolitan Museum nel 1980, e dalla proposta del Centre Pompidou di allestire una mostra con il materiale del suo archivio fotografico, Hockney inizia a scattare fotografie spostando progressivamente l’inquadratura, assemblandone poi le stampe seguendo una griglia ortogonale. L’immagine che ne ricava è una rappresentazione spaziale e temporale, in cui l’occhio indugia cogliendo l’aspetto d’insieme composto da una finita serie di dettagli focalizzati dall’artista.
Progressivamente evade i confini della griglia, divenuti troppo costrittivi, espandendo i collage e sovrapponendo tra loro i lembi delle stampe, riaccostandosi alla pittura. Esaurito l’esperimento fotografico tenta di tradurre nel medium pittorico il senso di movimento, introducendo nella raffigurazione di una stanza differenti punti di vista e prospettive (Large Interior, Los Angeles, 1988).
La fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta vedono l’artista alle prese con i nuovi mezzi tecnologici: la fotocopiatrice, il fax,il computer, la stampante laser divengono strumenti con cui ideare nuovi progetti, permettendo la trasmissione di un’opera da una sponda all’altra dell’Oceano (Tennis, 1989) e la catalogazione visiva di più di cento persone che visitano il suo studio di Hollywood Hills (112 LA Visitors, 1990-91).
Alla scoperta dei segreti dei grandi maestri del Rinascimento, Hockney studia l’uso della prospettiva e dell’ottica, ipotizzandone un intenso impiego delle lenti nei dipinti fiamminghi e italiani dal XV secolo. Si cimenta egli stesso con la camera lucida, ritraendo il personale di guardiania della mostra Portraits by Ingres: Image of an Epoch, ospitata alla National Gallery di Londra nel 1999 (12 Portraits after Ingres in a Uniform Style, 1999-2000).
Certo della sua idea secondo cui le lenti uniformano il nostro modo di vedere il mondo, Hockney decide di discostarsi da questa uniformità inserendosi nella tradizione paesaggistica inglese. La bellezza naturale dello Yorkshire viene riprodotta en plein air su supporti la cui area si espande a scale considerevoli. Accanto alle tecniche tradizionali di acquerello e pittura ad olio s’inserisce, dal 2008, l’utilizzo dell’iPhone e successivamente dell’iPad, per catturare il paesaggio che varia nelle ore del giorno e nel corso dei mesi