Ca' Pesaro

Ca' Pesaro

Omaggio a Marcolino Gandini

Intervento di valorizzazione

OMAGGIO A MARCOLINO GANDINI

Dal 10 ottobre 2024 al 19 gennaio 2025
Venezia, Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna

Progetto a cura di Elisabetta Barisoni
Si ringraziano Augusto Gandini, Chiara Fabbri


 

Gandini fa un gioco duro, a carte scoperte. Inserisce ipotesi prospettiche in spazi curvi, in orizzonti reali: la linea diventa margine, solco e persino volume; il colore diventa colmata di calcestruzzo […] La geometria, ipotesi spaziale, diventa spazio reale, costruito con travi di colore come fossero strutture di cemento. Il pittore fa forme come uno scultore; il pittore e lo scultore fanno spazi come l’architetto.
[Giulio Carlo Argan in occasione della mostra Parabola 66 presso la galleria Il Bilico, Roma]

L’omaggio di Ca’ Pesaro a Marcolino Gandini intende sottolineare il momento più rivoluzionario della sua produzione, gli anni Sessanta. Il critico d’arte Maurizio Fagiolo dell’Arco definisce «periodo azzurro» il biennio 1962-1963, quando le tele di Gandini si caratterizzano per una gamma cromatica ridotta, con grigi, azzurri tenui e bianchi, definiti da una stesura densa e materica. Insieme a queste prime prove la sala documenta, anche attraverso Tela modellata del 1965, donata dall’autore nel 1989 per le collezioni civiche veneziane, il percorso che Gandini intraprende per esplorare lo spazio ed “uscire” dalla tela. Il cosiddetto «periodo monumentale» si esprime in opere di dimensioni ampie, dove il supporto, spesso di compensato, è curvo e sostiene la tela modellata. I colori diventano strisce colorate a creare vibranti effetti ottici; l’opera esce dalla bidimensionalità e diventa architettura astratta.

Gandini trova una via d’uscita dalle cromie del Gruppo dei Sei e dagli stilemi della più recente Arte Povera, pur richiamando, nella linea e nel rigore geometrico, lo stile di Giulio Paolini. Fondamentale in tutta la sua produzione è la musica, come definisce lui stesso in De bello picturae: «L’armonia dei colori e la sincope profonda delle linee costruiscono nello spazio quello che la musica costruisce nel tempo». Gandini realizza così la sua personalissima interpretazione dell’Astrattismo e, pur conoscendo l’arte americana di Kenneth Noland e l’espressionismo astratto, si avvicina in modo più stringente al Costruttivismo russo e al Bauhaus. A metà degli anni Sessanta i suoi assemblaggi prendono la forma di strutture colorate, che Gandini chiama armadi. È una fase molto creativa dell’artista, che dalla fine del decennio sperimenta nuovi materiali e arriva ad abbandonare il colore per realizzare opere monocrome in formica bianca.

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Marcolino Gandini (Torino, 1937- Roma, 2012), figlio del musicista e compositore Marco Gandini e di Santina Vaudano, frequenta fin da giovane la scena intellettuale torinese nella quale era inserito il padre ed entra in contatto col pittore Felice Casorati e il Gruppo dei Sei. Trasferitosi con la famiglia a Viù, paesino confinante con la Francia, cresce immerso nella natura; a sedici anni è ricoverato d’urgenza per un embolo celebrale, che gli causerà la paralisi della parte sinistra del corpo. Durante la degenza inizia a disegnare. Tornato a Torino, studia pittura e nel 1954 diventa allievo di Casorati. Prende le distanze dallo stile del Maestro e nel 1958 esordisce in una personale a Palazzo Chiablese con opere figurative dove ha già grande importanza la geometria. Nel 1960 si colloca la svolta definitiva verso l’astrazione. Trasferitosi a Roma nel 1963, sviluppa opere di grande formato con tele incurvate. Dal 1966 passa dalla pittura bidimensionale alle architetture astratte. Protagonista di numerose mostre personali, ha partecipato a collettive in Italia e all’estero, assicurandosi importanti premi internazionali.

 

Ingresso con l’orario e il biglietto del Museo.