Shadows Must Dance è un progetto espositivo concepito da Bernardí Roig, uno degli esponenti più importanti dell’attuale scena artistica spagnola, espressamente per Ca’ Pesaro, in cui quindici sue opere – principalmente sculture, ma anche installazioni, disegni e video – realizzate negli ultimi quindici anni vengono messe in relazione con gli spazi e i capolavori del museo. Un dialogo attivo tra immagini del presente e del passato, che genera una trama di significati inediti e una nuova dinamica emozionale. Questo è il senso della mostra: far danzare di nuovo le ombre making shadows dance again. La mostra è una coproduzione tra Fondazione Musei Civici di Venezia e IVAM- Institut Valencià d’Art Modern con la collaborazione della Galleria Cardi i Milano; è curata da Consuelo Ciscar e Silvio Fuso. Si realizza in concomitanza con la 53ma Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale e si trasferirà a novembre a Valencia. Catalogo IVAM, con un’ampia documentazione fotografica in situ e saggi di Consuelo Ciscar, Silvio Fuso, Fernando Castro, Guy Gilsoul, Demetrio Paparoni, Daniele Sorrentino, George Stolsz.
Bernardì Roig ha lavorato a lungo negli spazi di Ca’ Pesaro, selezionando dalla vasta collezione del museo opere in grado di stabilire un rapporto con la sua produzione: è così che, costruendo un itinerario originale, ha dato vita a nuove articolazioni di senso con cui reinventare le opere stesse e il luogo che le custodisce. L’opera di Bernardì Roig è una riflessione sulla condizione dell’uomo contemporaneo, sull’isolamento, sul desiderio e l’immortalità. Indipendentemente dai mezzi utilizzati – scultura, disegno, video – le sue creazioni ruotano intorno allo stesso motivo: la prigionia del corpo e l’impossibilità della visione. Le note sculture bianche dell’artista – realizzate mediante calchi di persone reali – propongono un percorso in cui la memoria dell’immagine gioca un ruolo fondamentale. L’opera di Roig potrebbe dirsi un calco dell’umanità giunta sul ciglio di un tempo che soffre la perdita della memoria storica e dell’identità. L’incapacità di cogliere nuove immagini costituisce il tema dominante che trova nella luce una metafora concreta: lampade, insegne luminose, tubi fluorescenti ingabbiano i suoi soggetti abbagliandoli. Da qui l’artista esplora le dinamiche del voyeurismo e la dimensione inquietante dell’immaginario artistico, rivisita i miti classici, l’iconografia barocca, il memento mori, filtrandoli attraverso i topoi del pensiero postmoderno.